[ Interviste / Interviews ]
Intervista a GIUSEPPE VERTICCHIO (HALL OF MIRRORS) a cura di Davide Riccio.
Pubblicata su Kult Underground, Maggio 2018.
Nuovo lavoro per HALL OF MIRRORS, cioè il duo Andrea Marutti (synthesizers, treatments, field recordings, effects, audio montage) e Giuseppe Verticchio / Nimh (electric guitar, e-bow, synthesizers, sequencer, thai gong, field recordings, effects, treatments, audio montage). “When Only Shades Remain” (questo il titolo) è stato pubblicato dalla Eibon Records. Quattro le tracce: Flustered Among the Approaching Menaces, Across Forests of Fire, Beyond the Ever-Changing Horizon, Where the soil gathers disquieted souls.
DAVIDE: Ciao Giuseppe, il progetto Hall of Mirrors continua dunque. Puoi ricordarci i precedenti lavori che compongono la discografia di questo progetto con Andrea Marutti e spiegarci come è nata, con quali obiettivi e quali evoluzioni, questa vostra collaborazione?
GIUSEPPE: Per quanto riguarda la discografia, dopo il primo CD collaborativo “Sator” uscito come Amon + Nimh per Eibon nel 2007, sono seguiti, come Hall of Mirrors, i CD “Reflections on Black” (Silentes, 2007), “Forgotten Realm” (Silentes, 2009), poi il doppio CD “Altered Nights” (Malignant, 2012), quindi il presente “When Only Shades Remain” (Eibon, 2018).
La collaborazione è nata nel 2005, dopo un paio d’anni che avevamo avuto occasione di conoscerci di persona, in un periodo della mia vita durante il quale, gestendo il sito “Oltre il Suono”, avevo avuto modo di entrare in contatto con molti artisti italiani che “gravitavano” intorno a sonorità di tipo ambient, sperimentale, elettronico.
Fu nell’estate del 2005 che Andrea, con il quale si era ormai instaurata una sincera amicizia, venne a trovarmi in Abruzzo portando con sé un discreto “arsenale” di strumenti e apparecchiature elettroniche, con le quali, unitamente ad altri strumenti che avevo io “in loco”, registrammo i primi due CD collaborativi “Sator” e “Reflections on Black”.
L’unico “obiettivo”, fin dall’inizio, è stato solo quello di divertirci, e realizzare insieme buona musica cercando di unire, nel progetto che poi prese il nome di “Hall of Mirrors”, le nostre diverse ma “attigue” attitudini musicali.
Da allora io e Andrea siamo sempre rimasti in contatto, e ci siamo ritrovati altre volte in Abruzzo nelle medesime condizioni registrando nuovo materiale e pubblicando altri CD.
Poi, dopo alcuni anni di “pausa”, nei quali abbiamo comunque realizzato occasionalmente alcuni brani per compilations, siamo tornati a lavorare a questo nuovo album, per la prima volta senza “ospiti” (nei primi CD erano sempre presenti alcuni “contributi” di altri artisti/amici) e per la prima volta lavorando tutto “a distanza”.
DAVIDE: “Quando solo le ombre rimangono”... Cioè?
GIUSEPPE: Premettendo che il titolo è stato scelto insieme a posteriori, cioè ad album completamente finalizzato, debbo dire che non ci siamo interrogati troppo sul significato specifico che ognuno di noi “intravedeva” nel titolo stesso...
Per quanto mi riguarda è poco più che un “indizio”, una suggestione… un’idea interpretativa di partenza… e non una precisa “chiave di lettura” di quanto espresso, in forma di musica, nel CD stesso…
Posso aggiungere che comunque ampie parti dell’album sono costruite intorno a temi, sonorità e atmosfere eteree e impalpabili, dai contorni molto indefiniti… come in un gioco “visivo” di sfumature e ombre in qualche modo “evocato” anche dal titolo del CD.
DAVIDE: Quali sono i temi di questo lavoro, intorno a cosa avete raccolto pensiero e ricerca?
GIUSEPPE: Come accennato poco sopra, non c’è stata a monte della realizzazione del CD la ricerca di un tema, di un pensiero, o di uno specifico filo conduttore che potesse fare da “guida” durante la realizzazione dell’album.
Tutto è nato in modo molto libero e spontaneo, preoccupandoci solo della qualità della musica, e di mantenere una certa omogeneità stilistica all’interno del materiale che via via siamo andati ad includere nell’album.
DAVIDE: Luce e buio, come suono e silenzio; nel mezzo l'ombra. E come scriveva Goethe, dove c'è molta luce, l'ombra è più nera. Come lavori intorno a concetti o impressioni di luce od ombra in musica?
GIUSEPPE: Anche qui debbo confessarti candidamente che, almeno per quanto mi riguarda, sono molto distante da quella corrente un po’ “modaiola” (almeno in questo ambiente…) che intende necessariamente associare alla musica “forzature” concettuali/colte/intellettuali/filosofiche che spesso sembrano essere “esibite” più per compensare una certa “inconsistenza” dal punto di vista prettamente musicale che non per reale “attinenza” e sincera fonte di ispirazione...
Sarò tanto “banale” da questo punto di vista quanto sono estremamente “concreto” nella mia vita di tutti i giorni, ma quando mi accosto agli strumenti il mio “semplice” obiettivo è quello di creare musica di buona qualità, in qualche modo “emozionante”, piacevole da ascoltare, che abbia qualcosa di “nuovo” da dire, e che sia registrata al meglio del punto di vista tecnico, per “massimizzarne” la resa e di conseguenza l’impatto più prettamente “emotivo” al momento dell’ascolto. Non a caso da molti anni mi occupo anche di lavori di mastering e mix, e molti artisti hanno affidato a me il compito di ottimizzare/finalizzare, attraverso un delicato lavoro di mastering audio, i loro album prima della pubblicazione.
Tornando al punto “chiave” della tua domanda… semplicemente non “lavoro”, quanto meno in modo consapevole e intenzionale, a concetti… impressioni… idee di luce… ombra o quant’altro ma realizzo soltanto e “semplicemente” musica, così come mi viene d’istinto…
DAVIDE: Mi pare di capire dalle date riportate in copertina che il lavoro è iniziato ben due anni fa, nel 2016. Perché una così lunga gestazione?
GIUSEPPE: Parte delle registrazioni incluse nei brani del CD sono state effettuate alcuni anni fa, e di qui la necessità di indicare tra le note di copertina un periodo di tempo così lungo.
In realtà però il lavoro più direttamente e progettualmente “mirato” alla realizzazione concreta dell’album è circoscritto a tempi molto più brevi, cioè più o meno dalla seconda metà del 2017 ai primi mesi del 2018.
DAVIDE: In che modo avete lavorato a queste registrazioni? Se a distanza (immagino tu a Roma, Andrea a Milano), così come oramai avviene per molti lavori di musica contemporanea, specialmente di elettronica, quali ne sono i benefici e le prerogative oppure i limiti e le criticità?
GIUSEPPE: Benefici e limiti/criticità della realizzazione di un CD “a distanza” sono in realtà abbastanza facili da intuire…
Da una parte (benefici) la possibilità di realizzare di fatto un album che (causa impegni e situazioni personali di entrambi) difficilmente avremmo potuto realizzare incontrandoci e lavorando “fianco a fianco” per alcuni giorni come invece eravamo riusciti a fare in passato per i precedenti CD.
Il fatto poi di poter protrarre a tempo “indeterminato” la lavorazione ci ha consentito di farlo in modo molto sereno, con tempi più dilatati, potendo “programmare” con più tranquillità, “attenzione” e consapevolezza ogni singola fase della realizzazione.
Per contro (limiti/criticità) la mancanza di quella piacevole “atmosfera” che si veniva a creare quando passavamo giorni interi fianco a fianco davanti agli strumenti, alternando “sessioni musicali” a piacevoli passeggiate in montagna e buon cibo condiviso ad ogni pasto in compagnia…
Probabilmente lavorando “a distanza” viene meno un po’ di “immediatezza”, di “feeling”, di senso di “complicità”…
Ma essendo io e Andrea buoni amici da molti anni, e avendo sviluppato una certa “sintonia” dal punto di vista creativo/musicale, tutto è stato comunque molto “facile”…
Pur frequentando territori musicali molto “simili”, abbiamo attitudini diverse e complementari, che, ben “sfruttate” e “indirizzate”, ci consentono spesso di ottenere buoni risultati in tempi estremamente brevi, cosa che spesso sorprende anche noi.
DAVIDE: Cosa regola il tuo gusto tra suono determinato e suono indeterminato, tra intonazione ed effetti, sovente più ineffabili, difficilmente determinabili nelle loro altezze di suono?
GIUSEPPE: Sono elementi che non “valuto” quasi mai in modo “ponderato” e razionale.
Casualità, istinto, sensibilità, indecifrabile e incodificabile reazione emotiva a ciò che di volta in volta “esce fuori” dagli strumenti sono i miei “elementi guida”, ciò che forma/indirizza il mio personalissimo “gusto” in fatto di musica, e non solo in quella che realizzo, ma anche in quella che amo ascoltare.
DAVIDE: John Cage, per preparare un pianoforte, disse che gli oggetti da inserire andavano "scelti come le conchiglie su una spiaggia", cioè in modo intuitivo, senza un piano preciso. Tu come vai a caccia dei tuoi field recordings?
GIUSEPPE: Le field recordings hanno sempre svolto un ruolo relativamente marginale nell’ambito della mia musica, ruolo più di “complemento” che non di “soggetto” per intenderci.
Ho un così ampio archivio di field recordings nel mio hard disk, raccolte in tanti anni nei luoghi e nelle situazioni più disparate, che per l’uso che attualmente ne faccio difficilmente ormai ho davvero bisogno di andarne a “raccogliere” delle altre…
Comunque almeno nelle situazioni più “nuove” ancora porto spesso con me il mio “fido” Tascam DR-05 per poter “cogliere” qualsiasi eventuale opportunità.
DAVIDE: Cosa seguirà?
GIUSEPPE: Per quanto mi riguarda… al momento direi “riposo”!
L’estate è vicina, e salvo curare nelle prossime settimane la promozione del CD non ho in mente a breve di cimentarmi in nuove “avventure sonore”.
Per il mio progetto personale Nimh vorrei più in là far ripubblicare su CD in una edizione ampliata e rimasterizzata il mio vecchio LP “This Crying Era”, mentre per il progetto “Twist of Fate” condiviso con mia moglie Daniela Gherardi, sto continuando a raccogliere spunti, registrazioni, e ho alcune parti di chitarra e violino già abbastanza definite, per un futuro nuovo CD, che però richiederà una lavorazione “concreta” molto lunga.
Per quanto riguarda “Hall of Mirrors”, uscirà a breve l’annuale compilation di Maligant/Kalpamantra all’interno della quale è presente un nostro nuovo brano inedito, “Towards a New Light”.
In merito all’altro mio progetto collaborativo, “We Promise to Betray” con Davide Del Col (Antikatechon), al momento nulla di nuovo all’orizzonte.
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