[ Interviste / Interviews ]
Intervista a LHAM (Giuseppe Verticchio e Bruno De Angelis) a cura di Davide Riccio.
Pubblicata su Kult Underground, Dicembre 2021.
DAVIDE: Ciao Giuseppe, ciao Bruno. Parliamo del vostro lavoro, “Leaving hardly a mark” realizzato nel 2020 ma da poco edito nel ’21 da Silentes, l’etichetta discografica indirizzata alla produzione di musica post-industriale, ambientale ed elettronica nata nel 2004 su iniziativa di Stefano Gentile. Come è nata questa vostra collaborazione e perché il nome di LHAM? Cosa significa?
GIUSEPPE: Io e Bruno ci conosciamo da molti anni, esattamente dal 2003, quando Bruno mi contattò per la prima volta dopo essersi imbattuto in rete nel mio sito “Oltre il Suono”, sul quale recensivo CD-R e CD di musica ambient/sperimentale/elettronica italiana.
Dopo alcuni scambi di email e di musica Bruno mi propose di partecipare ad un brano per il suo CD “The Blind Watchmaker” che stava realizzando a nome Mana ERG, pubblicato nel 2004.
Abbiamo poi avuto modo di incontrarci di persona e diventare amici, e da allora siamo rimasti sempre in contatto.
L’ipotesi di fare qualcosa insieme era probabilmente “latente” da tempo, finché un paio di anni fa Bruno ha avuto un’idea abbastanza chiara e precisa, e mi ha proposto di realizzarla insieme. Era un momento abbastanza “propizio” e così ho accettato volentieri.
Nel giro di qualche mese abbiamo registrato diverse tracce e messo a punto l’album, che poi Stefano Gentile ha scelto di pubblicare per la sua label 13 della “famiglia” Silentes.
Quanto al nome LHAM… anche questa è stata un’idea di Bruno che ho apprezzato e accettato.
Ovviamente è l’acronimo di Leaving Hardly A Mark, ma poco oltre Bruno ti spiegherà più in dettaglio.
DAVIDE: In questo vostro lavoro, ma è una mia impressione personale, io vi ho sentito un qualche forte legame con la natura e, specialmente, con una natura che, per quanto violentata dall’uomo, prima o poi si riprende ciò che le appartiene, con o senza l’uomo. Essendo stato realizzato nel 2020 suppongo che il primo drammatico anno pandemico abbia influito in qualche modo…
GIUSEPPE: Per quanto mi riguarda, posso dire che la natura e il legame con essa è per me qualcosa di molto importante, e considerando che, pur vivendo “di base” a Roma, ogni anno passo lunghi periodi di “quasi isolamento” in un piccolo paesino in montagna in Abruzzo dove è possibile sentire ancora più forte il contrasto tra i due ambienti e le due realtà, è probabile che questa mia “ciclica” alternanza nel trascorrere momenti di vita in situazioni e atmosfere così diverse si “rifletta” in qualche modo anche nelle mie esperienze musicali, delineandone i contorni, le forme, i colori…
Non a caso la mia musica personale spazia da sempre tra generi e sonorità molto diverse, apparentemente persino in antitesi tra loro; basti pensare ad esempio al Nimh più oscuro, “rumoroso” e “aggressivo” del CD “From Unhealthy Places” realizzato nel 2009 con l’amico Pierpaolo Zoppo/Mauthausen Orchestra, e al più “morbido” e quasi “bucolico” CD “September Winds” realizzato nel 2016 a nome Twist of Fate insieme a mia moglie Daniela.
La presenza di forti contrasti, anche originati da fonti di ispirazione estremamente diverse, è stata sempre una costante nella mia musica.
Diverso da quello “volontario” e “ciclico” in Abruzzo invece è stato l’isolamento “forzoso” originato dal Covid e dalla pandemia in questi ultimi due anni.
È inevitabile che abbia in qualche modo influito sugli “umori”, sulla percezione delle cose intorno a me, sui pensieri quotidiani.
Un po’ meno credo, in realtà, l’impatto che ha determinato più specificatamente nella mia musica, se non, paradossalmente, in senso “positivo”, in quanto il lungo periodo di isolamento e la necessità di limitare le mie uscite di casa e i miei contatti con il mondo esterno, mi ha favorito nel prendere (in casa) iniziative che altrimenti non avrei avuto tempo e occasione di portare avanti, tra cui questo nuovo lavoro con Bruno.
BRUNO: Per quanto mi riguarda ha influito e come! Senza ancora averla registrata sentivo quella musica già nella mia testa mentre mi aggiravo per strade deserte, quando il fiume in secca sembrava anche lui rimasto a casa in quarantena, sotto un cielo indifferente alle vicende umane.
DAVIDE: “Lasciando appena un segno”… questo il titolo del vostro lavoro. Cioè?
GIUSEPPE: Come accennato poco sopra, è stato Bruno a ideare e proporre in origine il nome del progetto “LHAM”, il titolo del CD e anche i titoli dei brani.
Ho trovato il tutto “intrigante”, sufficientemente sobrio nella forma (come piace a me) e stimolante… ma a dire il vero non ho chiesto “spiegazioni” a Bruno, né ho cercato di approfondire l’origine della sua idea, dei suoi pensieri, dei suoi “riferimenti”…
Considero il titolo del CD (e del progetto) poco più che una “suggestione”, l’indizio per una interpretazione non necessariamente univoca, senza la “pretesa” di descrivere necessariamente qualcosa, o significare alcunché di assolutamente preciso.
È probabile però che l’idea originale di Bruno sia nata da una “visione” completamente diversa; sentiamo quindi anche il suo pensiero in merito…
BRUNO: Io lo tradurrei “Senza Quasi Lasciar Traccia” mi suona meglio… è un po’ la storia di tanti musicisti del passato e del presente che, come noi, non sono né saranno mai famosi, non sempre per mancanza di talento, e che scompariranno dagli annali della musica appunto “senza quasi lasciar traccia”… Detto ciò, non mi sarei mai aspettato che una etichetta australiana decidesse di pubblicare su vinile delle canzoncine che scrissi 40 anni fa, registrate malissimo in poche copie su cassetta… perciò quel “quasi” forse è giustificato :-))
DAVIDE: Quale scambio di idee c’è stato prima di mettervi al lavoro e come si è poi sviluppata l’opera, verso quali obiettivi e ricerche comuni?
GIUSEPPE: Bruno un bel giorno, senza averne mai parlato in dettaglio insieme, mi contatta proponendomi un’idea piuttosto precisa, seppure nata come una sorta di “gioco”…
Mi scrive in dettaglio la sua idea… quelle che lui chiama “regole del gioco”…
Procedura “tecnica” da seguire per realizzare i brani e raggiungere il traguardo insieme… indicazioni sulla durata massima di ogni traccia… idea “stilistica” di base di cui tenere conto durante la realizzazione… esigenza di una certa “originalità” da ricercare e perseguire… Cose di questo tipo insomma…
Mi va o non mi va? Ci penso un po’… ben sapendo che per me non esistono in realtà “giochi” di questo tipo… So bene che, per come sono fatto io, se “parto” con un nuovo progetto e mi siedo dietro gli strumenti, tutto inevitabilmente prende subito una piega molto “seria”… negli intenti, nell’impegno, e nella necessità di disporre di tanto tempo e tante “energie” da “convogliare” in esso.
Ho accettato, e così è stato. Arrivare al risultato finale mi ha richiesto tanto tempo, tanto impegno, tanta concentrazione, tanto lavoro… L’obiettivo in questo caso era condiviso, ma non sempre l’idea e la sensibilità dell’uno corrisponde esattamente a quella dell’altro…
Io, per fare un esempio, sono uno che non ha un singolo brano “finito” nel mio PC che non sia stato già pubblicato o in attesa di pubblicazione.
Non esistono, per dire, “out-takes” dei miei CD, brani “scartati”… o lavorati in modo “avanzato” e mai conclusi.
Per me un brano “finito” (se effettivamente concluso nei dettagli e se ne sono soddisfatto ovviamente), è un brano che “automaticamente” finisce nel CD al quale sto lavorando e per il quale l’ho “pensato” e realizzato.
Bruno in questo ha invece un approccio completamente diverso, e ha preferito realizzare una abbondanza di brani, e poi selezionarne soltanto alcuni da includere nell’album.
Questa cosa ad esempio mi ha “spiazzato”… Per me era un peccato escludere dei brani che mi piacevano molto, e che ormai consideravo mentalmente “parte integrante” del CD, e impiegare ulteriore tempo a registrarne degli altri, senza neanche dare per scontato che alla fine sarebbero stati effettivamente utilizzati.
Comunque… Ci tenevo molto a portare a termine questo album, e al tempo stesso però ci tenevo che Bruno ne fosse pienamente soddisfatto… Alla fine ho insistito un po’ per includere il brano finale “Maha Nakhon”, ho invece “sofferto” un po’ nel vedere che la sotto-cartella “Brani Esclusi” (che di solito nel mio PC non esiste proprio) conteneva ben 4 tracce rimaste “orfane”… ma in qualche modo siamo arrivati a conclusione, e anche grazie all’ottimo lavoro di Stefano Gentile di 13/Silentes, il quale ha peraltro curato l’aspetto delle immagini e delle grafiche, posso dire di essere molto felice del risultato. La mia vecchia e consolidata amicizia con Bruno ha resistito per fortuna anche a questa “prova”!
DAVIDE: Avete lavorato a distanza? Quale metodo avete stabilito?
GIUSEPPE: Sì, tutto “a distanza”…
Come accade spesse volte in questi casi, si è lavorato in modo sequenziale, partendo per ogni brano da un’idea di partenza di Bruno (secondo le “regole del gioco”, un mix abbastanza “essenziale”), sulla quale io sono andato ad aggiungere altre parti. Il tutto è tornato di nuovo nelle mani di Bruno, che ha aggiunto e “affinato” ulteriormente, per poi “girarmi” nuovamente il risultato… sul quale a mia volta ho aggiunto ancora dell’altro, mettendo infine a punto la versione definitiva del mix e occupandomi poi del mastering definitivo del CD.
In qualche caso il “processo” è stato leggermente diverso, e non sempre le “regole del gioco” sono state rigorosamente rispettate, ma per sommi capi… così sono andate le cose.
DAVIDE: C’è anche qualche ospite presente tra le varie tracce?
BRUNO: Ad un certo punto, visto che Giuseppe è sempre così occupato con altri progetti, per portare a termine il lavoro senza andare troppo per le lunghe ho ingaggiato il mio fidato amico Sergio Basile per due brani. Non è la prima volta che collabora con me: Sergio ha una lunga esperienza come chitarrista di jazz, ma è adattabile a qualsiasi stile.
DAVIDE: David Toop, a proposito della musica ambient, ha scritto: “piuttosto che emergere come una nave sull’oceano, diventa parte di quello stesso oceano. Musica che sentiamo, ma che non sentiamo; suoni che esistono per metterci in condizione di sentire il silenzio; suoni che ci rilevano dal nostro bisogno compulsivo di analizzare, incasellare, categorizzare isolare…” Vi ritrovate in questa definizione?
GIUSEPPE: Parlo per me ovviamente, e posso risponderti… “A metà!”.
Sicuramente queste parole descrivono perfettamente una musica ambient di tipo piuttosto “tradizionale”.
Per quanto mi riguarda, pur amando ascoltare anche musica ambient “tradizionale”, in realtà ciò che ho registrato e pubblicato in tutti questi anni, non solo spazia tra generi e sonorità molto diverse tra loro, ma anche laddove (abbastanza spesso in realtà) è “prossimo” alla musica ambient, si discosta ugualmente da essa per la mia irrinunciabile “esigenza” di “colorare” le composizioni con elementi di derivazione diversa, che siano elementi spiccatamente melodici, suggestioni etniche, componenti cinematiche, ritmiche, delicati arpeggi o più incisive e talora “aggressive” distorsioni…
Quanto descrive Toop in realtà è lo “specchio” di una musica ambient molto statica, “fluttuante” e introspettiva, che seppure ho talvolta “attraversato”, ho altresì spesso “violato” con immancabili inserti di derivazione “altra”, mirati invece a “coinvolgere” con decisione, a “catturare” l’attenzione, a “trainare”, a “scuotere” emotivamente chi ascolta…
Se la mia musica, talvolta, sembra condurre al silenzio, evocarlo o descriverlo, in realtà il più delle volte ciò avviene solo in via transitoria per “marcare” ancor di più il contrasto con ciò (di molto più “incisivo”) che seguirà poco oltre, o che ci si è appena lasciati alle spalle.
DAVIDE: Che strumentazione avete usato?
GIUSEPPE: A parte ovviamente il computer con diversi programmi, dal punto di vista degli strumenti veri e propri abbiamo usato sintetizzatori, chitarra elettrica, basso, effetti e qualche suono complementare “estratto” dai miei strumenti etnici; parlo di qualche cordofono e di qualche strumento a fiato, ma a dire il vero neanche ricordo più con precisione.
DAVIDE: Una domanda per Bruno… Ho letto che vivi in una misteriosa località tra la Francia e l’Italia… Suppongo tu voglia mantenerne il mistero…
BRUNO: Sono informazioni passate… Il mistero possiamo svelarlo, visto che non ci abitiamo più da 5 anni: si trattava di Triora, “il paese delle streghe”, una città importante qualche secolo fa, quando Sanremo era solo un villaggio di pescatori a una trentina di chilometri. A 800 metri di altezza Triora domina la Valle Argentina in Liguria, ci sono viste mozzafiato e da lì è più facile arrivare in Francia a piedi che non in macchina… Adesso vivo in un posto molto diverso ma non meno misterioso se non si seguono gli itinerari turistici… da lì il deserto del Sahara è molto più vicino dell’Europa…
DAVIDE: Alcuni titoli suggeriscono immagini precise, come Thalassa, divinità primordiale che fu la fecondità stessa del mare? Oppure lo strano grattacielo Maha Nakhon di Bangkok…? O ancora Martenot, che si direbbe dunque un omaggio a Maurice Martenot, l’inventore delle Ondes Martenot? Come è avvenuta la titolazione di queste tracce? Che significato hanno uno per uno i titoli scelti, che tipo di racconto traccerebbero da “Access” a “Maha Nakhon”?
BRUNO:
01 – ACCESS: semplice! ho chiamato così il primo brano perché è quello di accesso al mondo sonoro di LHAM
02 – RHESUS NEGATIVE: fin da bambino la musica mi scorre nelle vene come il sangue che, nel mio caso è del gruppo RH negativo. Scritto per intero: Rhesus Negative.
03 – HAIL ON MARY: Giuseppe ha usato un suono che mi ricordava molto la grandine e, non so bene come, mi è uscito questo titolo che è un gioco di parole: hail ha due significati, il primo è appunto “grandine” mentre il secondo è un antico saluto tipo “Ave” e infatti Hail Mary è l’Ave Maria, che nel nostro caso però è diventata grandine che cade su un’immaginaria ragazza di nome Mary. Tutto chiaro? :-))
04 – MARTENOT: dopo l’intro c’è una frase suonata con le onde martenot che viene ripetuta tre volte; è un omaggio a un’epoca in cui si usava l’immaginazione per cercare suoni nuovi e non qualche strumento virtuale con tremila preset…
05 – FERAR DOLOM: assomiglia al latino ma non lo è. In latino sarebbe “ferent dolum” ma ho voluto usare due lingue antiche simili che eventualmente furono soppiantate dalla lingua di Roma. La prima parola è nella la lingua dei miei antenati (Umbro) la seconda degli antenati di Giuseppe (Osco). Il significato è “porteranno l’inganno” e si riferisce alle forze oscure che da sempre governano questa enorme prigione che è il pianeta Terra. Forse sembrerà una cosa troppo da intellettualoide, ma in realtà io sono tutt’altro: è che mi diverte giocare con i suoni delle parole, in qualsiasi lingua…
06 – BENEATH THE ICE: dietro un’apparenza fredda e distaccata si tira avanti cercando di nascondere forti emozioni di avvenimenti che hanno segnato il nostro passato.
07 – QUASI STABLE: sotto la magnifica chitarra di Giuseppe ce n’è un’altra che ripete lo stesso arpeggio quasi fino alla fine, rendendo il tutto “quasi stabile”…
08 – ZDRAVILO: in lingua slovena significa “rimedio” nel senso di medicina. La Slovenia è la terra di uno dei gruppi che più stimo: Laibach.
09 – THALASSA: un brano basato su una improvvisazione fatta a occhi chiusi, ispirata dalla vista dell’oceano: ogni mattina quando mi alzo me lo guardo dalla finestra come per assicurarmi che il mondo sia ancora lì. Mi tranquillizza e mi ricorda la piccolezza e allo stesso tempo la grandezza della vita quotidiana.
10 – FUENTE ALTA: è una delle sorgenti di acque minerali più elevate di Tenerife (ebbene sì, è lì che vivo…). Nell’ambiente a noi familiare della città è facile dimenticare che non siamo in Europa, ma basta alzare lo sguardo verso le sagome surreali dei monti intorno a Santa Cruz per farti venire per un attimo il dubbio se ci troviamo veramente sullo stesso pianeta in cui siamo nati e cresciuti…
11 – MAHA NAKHON: Krung Thep Maha Nakhon, il nome reale della città che noi occidentali abbiamo ribattezzato Bangkok, questo nome assurdo inventato di sana pianta per un equivoco. Ci sono stato tantissime volte (anche se la odio); è la tappa obbligata per chiunque visiti il sudest asiatico dove, in totale, ho passato due anni e mezzo. Infatti la Thailandia e i suoi strumenti musicali furono una delle ragioni per cui contattai Giuseppe tanti anni fa. Fu una buona mossa perché si rivelò essere un musicista intelligente come pochi, una persona aperta e disponibile, un buon amico.
DAVIDE: Avete altri progetti in cantiere? Cosa seguirà?
BRUNO: Giuseppe ancora non lo sa, ma ho già una decina di nuovi brani che attendono il suo intervento, spero che per lui sia una buona notizia… :-))
GIUSEPPE: Per quanto riguarda LHAM, ovviamente spero che in futuro possa esserci davvero un seguito. Apprendo in questo istante che Bruno ha già una decina di brani abbozzati che mi attendono per una futura nuova collaborazione. Spero di riuscire a non farli “stagionare” troppo sul suo hard disk… Mi piacerebbe davvero lavorare a un secondo capitolo di LHAM, ma ho bisogno di trovare il momento “giusto” e soprattutto “tranquillo” per farlo. Vediamo anche come verrà accolto questo primo CD. Ovviamente se riceveremo dei buoni feedback, e se scopriremo che anche Stefano Gentile sarà rimasto soddisfatto di questa pubblicazione, saranno due buoni “incentivi” per tornarci sù.
Per quanto riguarda la mia musica personale invece, debbo dire di essere da poco “reduce” da una spiacevolissima esperienza con un ex collaboratore e il titolare di una label del settore che, semplicemente, si sono comportati in modo inqualificabile, facendomi perdere quasi un anno di lavoro su un progetto (concordato all’origine) che una volta concluso, e sostanzialmente approvato con entusiasmo da tutte le parti, per un improvviso ripensamento è stato cancellato, in modo assolutamente inspiegabile, e soprattutto non spiegato.
In più di venti anni di attività, avendo alle spalle una trentina di CD stampati e pubblicati da etichette di varie parti del mondo (Italia, Polonia, Russia, U.S.A. Francia…), alcuni dei quali realizzati in collaborazione con altri artisti/collaboratori, non mi è mai successo nulla di simile, né di vagamente “comparabile”.
Un’esperienza, che per quanto spiacevole, mi ha insegnato che affidarsi a collaboratori ed etichette anche abbastanza noti e apparentemente “affidabili” non è affatto di per sé una garanzia assoluta di correttezza e serietà.
Girando “pagina”, ciò che posso dire è che ho pronto un nuovo album di Nimh (per il quale una label ha già espresso interesse) che spero di vedere pubblicato nel corso del 2022.
Si tratta di un album abbastanza “importante” per me, almeno per due ragioni.
La prima è che si tratta del primo album di Nimh di materiale inedito dopo cinque anni di “silenzio”.
Escludendo infatti gli altri miei progetti collaborativi (e il CD “Beyond the Crying Era” che era una raccolta di brani già pubblicati per lo più su varie compilation) il precedente album di Nimh di materiale inedito “Circles of the Vain Prayers”, uscito per Rage in Eden, risale al 2016.
La seconda ragione è che nel 2022 ricorre il ventennale della nascita del mio progetto Nimh, le cui prime due pubblicazioni ufficiali furono l’album “Frozen” per Afe Records e “Lanna Memories” per Taâlem, entrambe datate 2002.
Per il resto al momento ho sempre tante idee, tante proposte di collaborazione, ma ancora nulla di certo e ben definito.
DAVIDE: Grazie e à suivre…
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