[ Interviste / Interviews ]

 

Intervista a GIUSEPPE VERTICCHIO/NIMH a cura di Davide Riccio.
Pubblicata su Kult Underground, Maggio 2023.

 

DAVIDE: Ciao Giuseppe. Bentornato. Come è nata questa tua nuova collaborazione con l'artista polacco Tomasz Borowski aka Fomalhaut?

GIUSEPPE: È nata in modo davvero casuale. Tomasz, che non conoscevo, mi ha scritto su Facebook mandandomi alcune sue parti, chiedendomi cosa ne pensassi, e se potevo aggiungere qualcosa ad almeno un paio per farne un suo CD.
In realtà le parti erano molto scarne e statiche, esclusivamente droni elettronici registrati in presa diretta con synth analogico e in mono. Però c'erano dei bei suoni...
Inizialmente ho preso un paio di queste parti costruendoci sopra dei brani più elaborati, con altri synth, chitarra elettrica, piano... Il risultato è piaciuto molto a Tomasz, oltre che a me ovviamente. Ho quindi preso a lavorare anche sulle altre basi... e dopo poche settimane era praticamente pronto il CD. Con l'OK di Tomasz ho quindi lavorato anche a master e grafiche, finalizzando questo album collaborativo.
Una cosa davvero non "meditata", nata in modo assolutamente "spontaneo" insomma.

DAVIDE: “From the longest winter”... A me ha rievocato l'anno senza estate che seguì l'eruzione del vulcano indonesiano Tambora nel 1815. A quale “inverno più lungo” vi riferite in questo titolo?

GIUSEPPE: In realtà non avevo in mente un riferimento preciso quando ho pensato al titolo del CD.
Avevo in mente però un inverno di alcuni anni fa, quello in cui scattai qui a Roma, dalla finestra della mia abitazione, le foto con la neve (fenomeno qui abbastanza inusuale) che poi ho scelto di usare per le grafiche. Non ricordo se fu davvero molto lungo... ma sicuramente fu un inverno molto, molto freddo.

DAVIDE: Cosa abbastanza insolita, i titoli delle tracce non sono riportati sulla copertina del cd, ma neanche sull'etichetta dello stesso. Ho dovuto recuperarli da Bandcamp. Perché? Non volevate che durante l'ascolto i titoli suggestionassero o suggerissero impressioni che distolgano dall'esperienza del puro ascolto?

GIUSEPPE: Purtroppo non è così. Debbo dirti in tutta sincerità che nell'anteprima del file di stampa ricevuto dalla label i titoli c'erano, e li avevo inseriti (inizialmente ho infatti allestito io le grafiche) sul retro della confezione.
Sicuramente c'è stato un errore all'ultimo minuto... forse una disattenzione nell'aggiungere il logo e gli ultimi elementi... e così dalla stampa sono "spariti" i titoli dei brani.
La cosa più curiosa, è che ho questi CD stampati in casa da una settimana... li ho visti e rigirati tra le mani mille volte, ne ho già spedite diverse copie... e solo ora, leggendo la tua domanda, mi sono reso conto di questo inconveniente...
Che dire... è andata così. Si è trattato di un banale errore nella preparazione finale per la stampa... Mi dispiace un po'... ma ci sono sicuramente "guai" peggiori.

DAVIDE: Per questo vostro lavoro si parla di musica “dark ambient”, genere talvolta chiamato “isolationism” o “isolationist ambient”. Ma potrebbe anche essere space music ecc. Al di là delle etichette, comunque utili, che genere di esperienza sonora avete inteso conseguire fin dal principio della vostra collaborazione? Avete usato e condiviso anche qualche “parola chiave”?

GIUSEPPE: No... Ti ho già descritto abbastanza in dettaglio la "genesi" di questo lavoro...
È stata una cosa talmente spontanea e "immediata" che non abbiamo avuto modo in realtà di concordare o "pianificare" nulla inizialmente.
Sicuramente, come genere, può essere ragionevolmente ascritto alla musica “dark-ambient”, seppure il CD "rifugge" intenzionalmente dagli stereotipi del genere, giacché di dark-ambient "classica”', poco fantasiosa e raramente "distinguibile", ne circola già fin troppa.

DAVIDE: Che metodo di lavoro avete usato?

GIUSEPPE: Anche su questo ti ho già almeno parzialmente risposto.
Partendo dalle basi di Tomasz ho cercato di sviluppare dei brani abbastanza elaborati, creando delle strutture più complesse, aggiungendo suoni di synth, chitarra elettrica, anche suonata con e-bow, piano, qualche occasionale parte ritmica, pads, altri suoni più spiccatamente elettronici...
Ho cercato di trovare soluzioni un po' diverse per ogni brano, per non essere troppo ridondante o ripetitivo. Sono molto contento del risultato... anche Tomasz lo è... Sono molto soddisfatto anche della qualità del suono e del master. Spero davvero che questo album sarà apprezzato.

DAVIDE: Fare musica a distanza tra due o più musicisti oggi rende virtualmente possibile ogni collaborazione ed è una pratica sempre più diffusa. Formazione a distanza, smart working o telelavoro, acquisti on line, internet banking, home cinema on demand, piattaforme musicali per lo streaming e lo e-book (e relativo addio ai negozi di dischi e di libri), concerti on line, giochi multiplayer on line, amicizie virtuali sui social ecc. ecc. Ahinoi, c'è anche il sesso a distanza con la teledildonica e il sexting e via dicendo... E la pandemia ha accentuato questa modalità di vita on line, diffondendola vieppiù e consolidandola. Siamo, insomma, sempre più “onlife”, in una realtà sempre meno reale o, se si preferisce, diversamente reale. Che tipo di riflessione potresti fare a questo riguardo, specialmente nel rapporto tra l'artista e gli artisti, l'arte e il suo/loro potenziale destinatario?

GIUSEPPE: Su questo argomento, preso in senso così lato, ci sarebbe da parlare per ore.
Personalmente credo che questo enorme, a volte anche abnorme, sviluppo di attività, contatti, esperienze, al di fuori del "reale" (inteso come "concreto", "ordinario" se vogliamo dirla così) porti con sé tanti aspetti oggettivamente positivi, che almeno "potenzialmente" offrono opportunità utili e miglioramento della qualità della vita; per contro si va spesso incontro a forme diciamo quantomeno "forzose", innaturali, alienanti, financo "aberranti", che di riflesso portano poi a ripercussioni sulla vita quotidiana di natura diametralmente opposta.
Purtroppo, ma qui il discorso si fa ancora più ampio, come spesso accade da una buona intuizione, un progresso tecnologico, un principio, una buona "intenzione", si finisce per portare tutto all'estremo, in modo cieco, intransigente, quasi "integralista"... e questo atteggiamento, la mancanza del senso della "misura", e ciò che poi ne consegue, porta a snaturare completamente ciò che c'era di buono all'origine e ad annullarne, vanificarne benefici e iniziali intenti, portando a situazioni di aberrazione, dissoluzione, se non addirittura di totale "follia collettiva" e accettazione dell'inaccettabile.
So che la questione può farsi "scottante", ma voglio farti un esempio che esula dall’argomento specifico, ma che è piuttosto emblematico e chiarisce meglio quello che intendo dire quando parlo della dilagante perdita del senso della misura, di estremismo, integralismo, aberrazioni…
Da un paio di decenni si è sviluppata una ragionevolissima attenzione per i diritti, la dignità e il rispetto delle persone omosessuali. Da qui però, nel corso degli ultimi anni, si è arrivati a sviluppare forme ideologiche estremiste e aberranti che invece di portarci "avanti", hanno generato forme di superstizione e oscurantismo che ci riportano al medioevo... Tanto si è detto, teorizzato e fatto, che ormai la nuova superstizione popolare si è lasciata convincere che esistano decine di "generi" e che chiunque possa "decidere" il proprio, quando la scienza e la biologia ci insegnano che la specie umana ne prevede solo due, e che il sesso è determinato dalla nascita dai cromosomi e non è oggetto di "libero arbitrio" né di possibile "variazione". Questo nulla toglie alla libertà di esprimere liberamente la propria sessualità, perché le abitudini e gli orientamenti sessuali possono essere di più, e diversi, ma questa considerazione non deve portare alla negazione della scienza e alla diffusione di nuove superstizioni antiscientifiche... È come dare di nuovo credibilità al terrapiattismo... Le certezze scientifiche, quelle vere e consolidate (perché ormai anche la "presunta" scienza cerca di inculcare e spacciare false certezze... lo abbiamo ben visto in tempi di Covid e vaccini...) non dovrebbero mai più essere messe in discussione.
Eppure tali "deviate", integraliste, bigotte e superstiziose convinzioni sono entrate a far parte della vita comune, e sono state "sdoganate" sia nella vita reale che in rete.
È surreale, per fare un esempio, che compilando il modulo per aprire un account con Spotify tra le varie informazioni personali mi venga chiesto il sesso (NON l'orientamento sessuale, che è ben altra cosa) e che ci siano ben 3 (TRE!) opzioni a disposizione, e cioè "Maschio", "Femmina" e "Altro" (???!!!!).
Questo spiega perché personalmente ancora non ho un account con Spotify... Mi rifiuto di compilare un modulo rispondendo a domande "scientificamente" incomprensibili e incongruenti.
Detto ciò... se tutto questo rimanesse circoscritto alla registrazione di un account con Spotify... teoricamente potrebbe non essere una questione importante.
Quando però il tentativo di inculcare tali nuovi deviate e oscurantiste teorie antiscientifiche avviene all'interno degli asili e nelle scuole fomentando l'ignoranza a spese dei bambini... la faccenda si fa veramente grave. Senza considerare "pressioni" integraliste ancora più gravi che stanno emergendo ultimamente, quali la possibilità di usare su minori devastanti farmaci che inibiscano lo sviluppo per "ritardare la "scelta del genere" cui un bambino "indeciso" desidererebbe appartenere. Siamo alla follia totale.
Sono andato molto "oltre" la tua domanda, ma ci tengo a chiarire che sono fondamentalmente aperto a tutto ciò che di "nuovo" ci arriva dal mondo esterno, dalla tecnologia, dai nuovi “strumenti”, ma senza perdere il senso della misura, né men che mai il semplice, "antico", istintivo "buon senso"... e la ragione.
Tornando al quesito iniziale... la mia vita personale "include" ampie parti di contatti, esperienze, abitudini "virtuali", usando un termine ormai obsoleto ma "chiaro", e ampie parti di esperienze di vita "reale", assolutamente "concreta" e "fisica".
I miei interessi un po' "atipici", e la mia attività come programmatore informatico prima e nell’ambito della specifica "nicchia" della musica elettronica (e dintorni) poi, hanno fatto sì che con il tempo ampia parte dei miei contatti e delle mie "interazioni" si siano spostate dalla vita "reale" a quella "in rete".
Ma il tutto rimane circoscritto a ciò che per ragioni strettamente "pratiche" e di "efficacia/efficienza" ha meritato di essere "dirottato" su quel "binario".
Per tutto il resto... sono una persona molto concreta, pragmatica, e legata alla "fisicità" e alle cose "fisiche". Non so se ho trovato un equilibrio "perfetto"... ma faccio comunque del mio meglio.

DAVIDE: Pubblicato con Zoharum, etichetta polacca indipendente specializzata in musica elettronica e ambient, come il tuo precedente “Caustic/Composite”. Non si parla mai molto delle etichette che rendono possibile ancora la pubblicazione e la circolazione di musica fuori dal conformante mainstream. Quali sono le migliori etichette indipendenti in questo momento dal tuo punto di vista?

GIUSEPPE: Forse ne avevamo già parlato un po' in qualche precedente intervista. Zoharum è una label consolidata da anni che fa un ottimo lavoro. Tutte le label che ruotano intorno a Silentes sono parimenti interessanti e di consolidata esperienza. In Italia in particolare c'è la più recente Dissipatio di Nicola Quiriconi, le labels curate da Raffaele Pezzella, quali Unexplained Sounds... Mi vengono in mente in ordine sparso la Shyrec, la Zhelezobeton, la Alma De Nieto, Cryo Chamber... Ce ne sono molte di valide, anche se spesso sono piccole labels, e pur facendo un buon lavoro talvolta non riescono ad essere sufficientemente distribuite e conosciute. Del resto il periodo non è felice per chi produce musica su supporto "fisico", e lo è ancor meno per chi con coerenza e professionalità, senza rincorrere le "mode" del momento, continua a preferire e scegliere il più valido supporto audio ancora in circolazione, cioè il CD.

DAVIDE: C'è qualche artista, anche molto famoso, con cui ti piacerebbe collaborare, ma ancora non c'è stata occasione?

GIUSEPPE: Ho già avuto la fortuna di collaborare con artisti che consideravo fondamentali e che per me erano un riferimento... Maurizio Bianchi, Pierpaolo Zoppo (Mauthausen Orchestra), Akifumi Nakajima (Aube), Andrea Marutti (Amon), Amir Baghiri, Robin Storey (Rapoon), anche se quest'ultima esperienza si è conclusa in modo molto deludente e mi ha aperto gli occhi sul fatto che collaborare con un nome noto e di consolidata fama non è di per sé garanzia di serietà e affidabilità.
Parlando di artisti ben noti... potrei "sparare alto" dicendo che sarebbe un sogno poter realizzare qualcosa con Steve Roach, o Robert Rich, o Dirk Serries, Nick Parkin, David Parsons. Ma oggettivamente... cosa potrei aggiungere io a quanto di già immenso sono stati in grado di realizzare da soli?

DAVIDE: Cosa seguirà?

GIUSEPPE: Per ora un paio di progetti. Uno è il secondo volume della "Early Electronic Works Series”, che dovrebbe fare seguito al (da te) citato "Caustic/Composite" uscito su Zoharum.
È già tutto pronto e c'è la possibilità che venga pubblicato nel medesimo contesto, ma al momento non c'è ancora una data e un impegno preciso. Ci sarà sicuramente da attendere e pazientare un po'.
Un altro progetto è quello di raccogliere una serie di brani usciti negli anni scorsi su diverse compilation, e di integrarli con altro materiale per mettere a punto un nuovo CD.
Un’operazione simile a quanto fatto anni fa con l'unico vinile che ho pubblicato, "This Crying Era", successivamente anche ristampato su CD in versione ampliata e rimasterizzata con il titolo "Beyond the Crying Era".
Ovviamente ci sono sempre tante altre idee, e tanta musica che attende di "emergere" dai miei strumenti e di essere registrata e "fissata" su futuri nuovi CD.
Ma l'estate è ormai alle porte, ho voglia di riposarmi e "spezzare" un po', e quindi ormai qualsiasi decisione è rimandata all'inverno prossimo.

DAVIDE: Grazie e à suivre...

 

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